Art Baron, all’anagrafe Arthur John Baron, è un trombonista jazz di New York che si unì all’orchestra di Duke Ellington negli ultimi mesi della sua esistenza. Ebbe il tempo di compiere l’ultimo grande tour internazionale dell’orchestra che toccò molti paesi in Europa ed Africa e partecipò alla prima mondiale del Third Sacred Concert, eseguito a Londra, nell’abbazia di Westminster. In seguito alla morte di Ellington, Art Baron continuò a far parte dell’orchestra ellingtoniana guidata dal figlio di Duke, Mercer Ellington. Oltre ad aver suonato con moltissimi musicisti jazz di fama mondiale come Buddy Rich, Illinois Jacquet, Mel Tormé, Joey DeFrancesco e con la Lincoln Center Jazz Orchestra, lo si è potuto ascoltare anche al fianco di artisti pop e rock come Bruce Springsteen, Lou Reed, Stevie Wonder e James Taylor.
Negli ultimi anni, ha fondato il gruppo The Duke’s Men con il quale reinterpreta la musica di Ellington.
Ci mettiamo in contatto con Art Baron in videochiamata in una calda sera d’estate per una lunga e piacevole chiacchierata.[1]
Agostino Marzoli: So che hai iniziato nel 1973 la collaborazione con Duke Ellington… All’epoca molti musicisti dell’orchestra di Ellington furono ingaggiati dal figlio Mercer. Fu così anche per te?
Art Baron: La storia è questa: c’era un locale notturno in centro città che si chiamava The Rainbow Grill. Vi era, all’interno, un locale che si chiama The Rainbow Room, che ora è di nuovo lì. Non ricordo di preciso, comunque il Rainbow Grill si trovava nell’edificio dove si trovava la NBC. Duke aveva una piccola band lì. Di solito la sua band era composta da 15 o 16 elementi, ma lui aveva creato una piccola band che suonava dal martedì al sabato: giusto cinque sassofoni, forse una tromba, basso, batteria e Duke. Ma la domenica sera si riuniva l’intera band al completo: 5 sassofoni, 4 o 5 trombe, 3 tromboni… Avevano bisogno di avere la band al completo. La persona che sostituii, che se ne andò per dirigere una sua band, era Murray McEachern. Non sono mai riuscito a ringraziarlo poiché se ne era già andato… Così suonai il trombone lì per due domeniche. C’era un trombone basso, Chuck Connors, che ci suonava sin dagli anni ’60, ed un italiano, Vincenzo Prudente.
AM: Qual è stata la tua reazione quando hai scoperto di dover suonare con l’orchestra di Ellington?
AB: Te lo immagini? Avere 23 anni ed essere chiamato per suonare con Duke Ellington!
Non ho mai avuto dubbi… Ho sempre saputo che nella vita ci sarebbe stata buona musica, ma quello che è successo veramente… Nel 1971 fui ingaggiato da Steve Wonder per circa un anno e mezzo e cominciai ad andare in tour, e quando tornai a New York suonai molto in varie big band e gruppi jazz.
Insomma… Ricevetti questa chiamata da una persona che mi piacerebbe ricordare, Mercer Ellington, il quale aveva bisogno di un trombone solo per due serate. Non avevo mai pensato di ottenerne di più e – sai cosa? – mi sarei accontentato comunque se avessi avuto solo queste due serate… Ma quando mi venne offerto di lavorare a tempo pieno, rimasi stupefatto!
C’era un mio caro amico, un fantastico trombettista… Suonava con Benny Goodman. E a un certo punto Mercer chiamò lui, Jimmy Maxwell – James Maxwell… Te lo ricordi il film Il Padrino? Ecco, era lui che suonava la tromba… Era un caro amico!
Mercer disse: “Jimmy, ho bisogno di un trombone” e Jimmy disse: “Chiama Art Baron!”
Conosci il trombonista Tricky Sam Nanton? Lavoravo con la sordina plunger da molto tempo, così Jimmy disse a Mercer, per scherzare: “Art Baron è più simile a Tricky Sam di Tricky Sam! È più simile all’originale dell’originale!” E fu così che Jimmy mi consigliò a Mercer: “Suona come Tricky Sam Nanton! Suona molto più lui come Tricky Sam che Tricky Sam stesso!”
Sì, ebbi una grande raccomandazione! Fu il numero uno!
AM: Com’è andato il primo incontro con Duke?
AB: Avevo ricevuto l’ingaggio per suonare due serate la domenica. Durante la seconda, eravamo a Boston, Massachusetts, e c’era un grande evento, il Boston Tea Party. Stavamo suonando all’esterno, era estate, la fine di agosto pressappoco. Stavo andando verso il palco a sistemare le cose, per iniziare, e mi sento chiamare da Duke: “Artie, torna indietro alla roulotte!”. Lui aveva una roulotte, un camerino su ruote! Era una roulotte di quelle grandi. Disse: “Vieni da me. Voglio parlarti a proposito di suonare con la mia band”. Pensai: “O mio Dio! Ho già avuto da Ellington due serate e adesso vuole che io faccia parte della sua band!” E così, dopo l’esibizione, andai verso la sua roulotte. C’era ogni tipo di cibo, di alcolici, forse della grappa e del buon vino! Lui mi disse: “Serviti da bere e prendi qualcosa da mangiare”! C’erano molte persone dentro la roulotte, forse una trentina. Non saprei dire di preciso, ma era comunque molto affollato! E così Duke mi disse: “Vuoi entrare nella mia band? Ci piacerebbe molto! Vorremmo averti nella band! Bla bla bla…” Ad un certo punto, all’improvviso, si sentì dalla dall’altra parte della roulotte una voce di una donna che diceva: “Duuuke, sono io! Sono qui! Dai vieni! Vieni!” E Duke mi disse “Soltanto un minuto”. Duke amava le donne, e lei lo stava chiamando, e così andò! Mi disse: “Artie ritornerò da te dopo, prendi qualche cosa da mangiare, prenditi qualcosa!”. E così mangiai delle melanzane, presi una birretta… Duke tornò circa 25 minuti dopo e cominciò di nuovo a parlarmi: “Che cosa ne pensi? Ti interessa entrare nella mia band? Ne hai il tempo?” Così, dopo che mi unii alla band, andammo in Europa… anzi, prima Chicago due o tre settimane, poi Europa, Etiopia – in Africa – Zambia. Suonammo il Terzo Concerto Sacro! Fu un bel periodo…[2]

Così, tornò a parlarmi e di nuovo quella voce: “Duuuke, Duuuke!” Insomma, ritornò dopo altri 25 minuti… C’erano fuori degli amici che mi aspettavano … Non ci potevo credere! Duke aveva un pezzo di carta con su scritto il suo numero di telefono. Me lo diede e mi disse: “Non è facile parlare adesso, quando torni a New York vieni da me”. E così lo chiamai il giorno dopo e gli dissi che era stato bello parlare, che mi sarebbe piaciuto molto unirmi alla sua band ed andare in tour con loro.
E lui mi disse: “Bene!”
AM: Quell’orchestra era profondamente cambiata rispetto a qualche anno prima. Ancora vi militavano però dei vecchi maestri, vere colonne portanti dell’orchestra, come Harry Carney, Paul Gonsalves e Russell Procope. Tu avevi solo 23 anni… Che rapporto c’era tra i ‘vecchi’ dell’orchestra e voi giovani?
AB: Il nostro rapporto era incredibile! Sai, io ero un hippy! Avevo la barba lunga, i capelli erano lunghissimi… E non mi giudicavano. Ero vestito in jeans… Blue jeans e maglietta. La maggior parte di queste persone indossava ogni giorno un magnifico completo a tre pezzi. Ed io ero un hippy! Eravamo diversi hippy: Rocky White, Barrie Lee Hall e la cantante Anita Moore. Ci avevano dato un nome per noi quattro! È il nome di una serie televisiva degli anni ‘70 che si chiamava MOD Squad. Tutti noi avevamo sui 23-24 anni e la moglie di Barrie Lee aveva l’abitudine di chiamarci The MOD Squad! Noi quattro sul pullman venivamo chiamati così. Era il soprannome di noi musicisti più giovani. Gli altri avevano tutti sui 50, 60, 70 anni! Duke aveva 73 anni! Harry Carney aveva 65 anni. Russell Procope aveva… Russell era un grande amico… Cootie, anche lui era un grande amico!
AM: A proposito di Barrie Lee Hall… Cootie Williams gli regalò la sua tromba!
AB: Quando Barrie Lee si unì alla band, un mese o due prima di me, suonava bebop. Suonava come Freddie Hubbard, tutto il genere di roba moderna. Ma si sedette vicino a Cootie, per anni, ed imparò a suonare in old style, alla maniera in cui si usava per imparare dai maestri! Diceva di essere stato seduto ai piedi del maestro! Per lui fu come un padre, come un mentore… Ed imparò con il vecchio modo di imparare!
AM: Oltre a suonare il trombone, so che suoni molti altri strumenti. Nel Terzo Concerto Sacro, ad esempio, ti si può ascoltare al flauto dolce…
AB: In occasione del Terzo Concerto Sacro Duke mi sentì suonare il flauto dolce nel camerino! Non gli piaceva molto il flauto, aveva scritto giusto qualche cosa per il flauto, ma gli piaceva molto il flauto dolce!
E così scrisse per me, per il Terzo concerto sacro, un assolo per The Lord’s Player, il Padre Nostro, con il flauto dolce.
AM: Questo concerto ha un carattere molto intimo e meditativo… Non è il trionfo di gioia ed entusiasmo che era stato il Secondo Concerto Sacro. Si avverte, nell’esecuzione, una certa intensità emotiva. Come vivevate voi dell’orchestra quell’evento? Eravate consapevoli del profondo significato che Ellington dava alla musica sacra oppure per te e gli altri era un concerto come un altro?
AB: Fu completamente fuori dal comune! Per quanto mi riguarda, personalmente – ed è la mia esperienza soggettiva – quando iniziai a suonare con Duke Ellington, avevo appena iniziato a rifletterci – 1 o 2 mesi prima – e la mia idea di musica e della comprensione di essa è: non è semplicemente “ok suoniamo un po’ e poi andiamo a divertirci e a conoscere delle ragazze” – che pure ho fatto! – Ma si trattava più che altro di aver conosciuto il senso profondo della musica. E Duke stesso parlava spesso di questa musica, soprattutto dei suoi tre concerti sacri che erano estremamente importanti per lui… Tutti e tre!
Alcuni critici, per tutti e tre i concerti sacri, non capirono. Dicevano “mi piace il Duke Ellington degli anni ’50, non questo” ma si trattava soltanto di alcune persone. Alla maggior parte della gente piaceva e capiva con quanto amore e quanta cura si stava dedicando a questo tipo di musica.
AM: Cosa pensi dell’Ellington uomo religioso?
AB: Duke diceva una cosa di sé stesso: che era un uomo molto religioso. Fece una vita meravigliosa: ebbe delle fidanzate, si divertì molto, continuò a produrre musica fino alla morte. Mentre era nel letto d’ospedale, aveva un pianoforte che suonava e componeva nuove canzoni. Ma era molto religioso… Diceva di sé stesso che era un fattorino del Signore – hai presente un fattorino? Quello che con la bicicletta va in giro a consegnare i giornali… – Ecco, lui diceva: “sono un fattorino del Signore”.
Quindi questa musica significava il mondo per Duke! Sapeva che stava per morire ed aveva bisogno del suo aiuto. Intendo dire, sapeva che era vicino alla fine…ed era così importante per lui…
Vorrei dire qualcosa sul Terzo Concerto Sacro, ma lasciami aggiungere una cosa prima.
Aveva un dottore speciale, Arthur Logan, e noi venimmo a conoscenza, mentre eravamo in tour, che era morto in una maniera molto misteriosa. Lo avevano trovato in un fiume. Qualcuno diceva che era stato ucciso, ma non si sapeva cosa era successo. Mercer ci disse: “Non ditelo a Duke. Lasciamogli finire il tour”.
Cosi quando lo scoprì… – Sai, il Dott. Logan gli dava tutte quelle medicine che lo tenevano in vita – quando Duke seppe che era morto disse: “Non vivrò per più di sei mesi”. Ebbene, morì due giorni prima che fossero trascorsi i sei mesi!
AM: Parlaci del Terzo Concerto Sacro…
AB: Il Terzo Concerto Sacro aveva delle bellissime canzoni che furono cantate da Alice Babs. “Is God a three letters word for love? Is love a four letter word for God?” Ed era come un angelo, era come un usignolo, un bellissimo uccello che canta, e queste parole, queste idee sono così semplici ma hanno un impatto altissimo, esprimevano tutto ciò in cui lui credeva. Amava le canzoni. Questo era il mio modo di vedere le cose. C’era una grande determinazione in lui ed io non avrei neanche mai pensato in questo modo… una determinazione… e questo fu un concerto speciale. Era la giornata delle Nazioni Unite, ottobre 1973, non ricordo se fosse il 22 o il 23…[3] Fu un’occasione speciale, per questa storia che raccontava sulla creazione, per la musica, perfino per i testi. Testi semplici, canzoni semplici, splendide armonie… cantava le sue canzoni. E Alice era la persona perfetta per cantare le sue canzoni.
Cosa interessante: eravamo tutti insieme, avevamo provato il giorno prima e stavamo provando tutta la musica, senza avere idea su quale fosse stato il brano numero uno, il numero due, il numero tre e così via. Non lo sapevamo. Il giorno dopo, avevamo provato tutto il giorno, e circa 15 minuti prima dell’inizio del concerto, tutti quanti stavano entrando, anche la principessa. La regina non c’era ma c’erano molti reali… e Duke ci guardò e ci disse: “Ragazzi suppongo che dobbiamo prepararci!”. Eravamo ancora vestiti normalmente, non avevamo ancora indossato lo smoking, dovevamo cambiarci… Quindi ci vestimmo, ci sedemmo al nostro posto, ci fu qualche annuncio e qualcuno – non so se hai mai ascoltato la registrazione – disse anche: “Signori e Signore, benvenuti al nostro concerto! Non per mancare di rispetto nei confronti dell’ONU, le Nazioni Unite, ma se Duke Ellington fosse a capo delle Nazioni Unite, certamente avremmo più armonia!” Fu grandioso!
La cosa incredibile di questo concerto è che non avevamo idea di quale sarebbe stato il brano numero uno, il numero due… Non c’era una scaletta, non ne avevamo idea! Ero seduto a fianco di Chuck Connors, e gli dissi: “Chuck, cosa succederà?” Mi disse: “Sta’ soltanto a guardare… E guarda Duke fare la sua magia!”. E Duke è magia! Filò tutto perfettamente liscio durante il concerto! Pura magia! Grande!
AM: In effetti, ascoltando la registrazione di quel concerto, si percepisce un’atmosfera magica…
AB: Sì, veramente magico! È stato il momento più magico che abbia mai vissuto con Duke! E anche dopo che Duke morì, quando Mercer guidò la band per un periodo, e si eseguivano i Concerti Sacri, qualche volta la magia di Duke Ellington veniva giù. Qualche volta quella magia era di nuovo fra noi!
L’assolo di Art Baron al flauto dolce inizia a 35:23
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[1] L’intervista è stata effettuata nell’estate del 2015 e parte della registrazione audio è stata pubblicata nelle puntate 7 e 8 dell’audiodocumentario “I concerti sacri di Duke Ellington” dell’associazione “Scuola di preghiera Bet Midrash”
[2] Il tour, iniziato il 22 ottobre 1973 e conclusosi il 3 dicembre dello stesso anno, toccò i seguenti stati: Inghilterra, Svezia, Danimarca, Germania, Austria, Iugoslavia, Italia, Portogallo, Spagna, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Etiopia, Zambia e poi di nuovo Inghilterra, Scozia, Irlanda
[3] In realtà l’orchestra atterrò a Londra il 23 e dedicò la giornata a provare il concerto, che avvenne il giorno dopo nell’Abbazia di Westminster